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IMMIGRATI PUNTANO ALLA "PORTA SVIZZERA"

LUINO -23.07.2016 - Da "La Stampa" di Simone Gorla - Rimane solo la via più antica e pericolosa, ma il sogno di una nuova vita non ferma gli immigrati che puntano alla “porta Svizzera”. A luglio c’è stato il record di entrate illegali in Ticino: 1321 persone sono state fermate in una settimana. Bloccato il Brennero, chiusa la frontiera di Ventimiglia, strette le maglie del passaggio ferroviario tra Como e la Svizzera, per migliaia di migranti diretti verso i paesi dell’Europa centrale le alternative per lasciare l’Italia sono quasi finite. Resta la frontiera verde, centinaia di chilometri di boschi dove passano i sentieri usati nel secolo scorso dai contrabbandieri, gli “spalloni”, con i loro carichi di merce illegale. Ce ne sono centinaia lungo il confine che si snoda nel nord della provincia di Varese. Dalle sponde del lago Maggiore vicino a Luino fino a Lavena Ponte Tresa e Porto Ceresio,

affacciate sul lago di Lugano, e poi giù fino a Chiasso. Qui l’imbuto dei controlli ferma il cammino dei disperati che devono tentare altre strade. La scalinata - Come il sentiero che da Dumenza, piccolo centro di poco più di mille anime nel nord della provincia di Varese, arriva ad Astano, in Svizzera. Si passa per l’antico santuario della Beata Vergine di Trezzo. Una lunga scalinata e, oltre quella, poche centinaia di metri di sentiero per arrivare alla frontiera, testimoniata solo da una casetta in pietra con il tetto sfondato e da una recinzione piena di buchi. «Sono gli stessi passaggi che usavano gli ebrei italiani per fuggire durante la guerra», ricordano in paese i più anziani. Proseguendo, in pochi minuti si arriva tra villette e chalet dal prato impeccabile. Ancora pochi passi e si incontra una piscina all’aperto e poi la fermata degli autobus. Nessuno a controllare. Tutto normale: dopo l’entrata in vigore di Schegen non si passano più al setaccio i valichi minori. La via più facile, almeno in apparenza. La verità è un’altra: in Svizzera i controlli sono effettuati a retro-valico, a poche centinaia di metri dalle dogane, anche sulle strade secondarie. Da tre mesi la Confederazione Elvetica ha attivato le forze armate: quattro battaglioni, duemila soldati. A dar loro manforte dal cielo il drone Aerospace Ranger Su-27, che tutte le sere decolla dall’aeroporto di Locarno e fa la spola tra Lugano e Chiasso, pattugliando il confine. Secondo i dati riportati dalla tv svizzera Rsi, fino a poco più di un mese fa solo il 10 per cento dei migranti fermati venivano rimandati in Italia. Oggi questa cifra si è impennata fino al 70 per cento. Tra aprile e giugno le richieste di asilo sono diminuite del 25 per cento rispetto al primo trimestre dell’anno. Ma il giornalista ticinese Ludovico Camposampiero sottolinea un altro dato: «Gli arrivi sono sempre di più. Nel primo semestre del 2016 gli ingressi irregolari sono stati 14602, contro i 10362 dello stesso periodo del 2015». La sfida - «Da queste parti si può solo provare a passare dalle montagne, come ai vecchi tempi», commenta il sindaco di Curiglia Ambrogio Rossi. «Quello è l’unico modo, ma certo non è una via facile». Sfidare la frontiera verde è rischioso. «Due anni fa una donna ha cercato, in inverno, di scalare le pendici del monte Lema – racconta l’allora sindaco di Dumenza Corrado Moro – ma chi l’ha indirizzata non era certo del posto. Si è trovata bloccata in un metro di neve, l’abbiamo salvata per miracolo». Chi prova questa strada, una volta intercettato, essendo entrato clandestinamente nel paese, è rispedito indietro senza poter richiedere asilo. I disperati accampati tra le stazioni di Como e Milano ci proveranno, comunque. A piedi nella galleria ferroviaria del Monte Olimpino, dove i treni sfrecciano ad alta velocità, chiusi nel baule delle auto dei passatori o attraverso i boschi. Le alternative stanno finendo.

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