"STORIE DI BOSCHI" IN BIBLIOTECA

  • Stampa

LAVENO MOMBELLO – 23.04.2018 - Venerdì 27 aprile alle ore 21 a Laveno Pippo Ranci presenta l’ultima fatica bibliografica dello storico e ricercatore locale Giuseppe Musumeci, nella cornice settecentesca della Sala consiliare di Villa Frua. Verrà presentato il Quaderno n. 4 edito dal Gruppo di ricerca storica Laveno Mombello e Marwan. L’iniziativa è della Biblioteca comunale, si svolge in collaborazione con Sistema bibliotecario dei laghi e l’ANPI. Non si sa esattamente quando, secondo alcune ricerche , ma il Comune di Laveno da tempi ‘immemorabili si trovò a possedere quasi tre quarti della superficie comunale per lo più rivestita da boschi. Giuseppe Musumeci ripercorre le vicende di questo patrimonio boschivo dal ‘700 al ‘900. Gli introiti che provenivano dalla vendita, ogni nove anni circa, della legna dei boschi - unitamente a quelli che il Comune ricavava dal mercato dei grani dal 1744, anno della sua istituzione - hanno reso floridi i bilanci comunali per lungo tempo. Sono state proprio queste risorse che da metà ‘700 hanno permesso agli abitanti del paese di godere di servizi di cui erano prive le altre comunità coeve: la scuola pubblica, un medico e un chirurgo e, addirittura, l’esonero dal pagamento delle tasse.

Come racconta lo storico ricercatore, alcuni di questi boschi non venivano venduti (i cosiddetti boschi di uso promiscuo) ma erano goduti collettivamente dai cittadini che nei tempi passati integravano le loro magre risorse con quanto potevano ricavare da queste superfici collettive: dalla legna per cucinare o riscaldarsi a quella che serviva per riparare oggetti domestici o agricoli, per fare pertiche per i campi, scale ecc., ai frutti del sottobosco e a quanto serviva per il loro bestiame. Il ricavato di questi boschi è stato spesso causa di contrasti tra i proprietari terrieri e i comuni cittadini. Ma su un aspetto tutti sono stati sempre uniti: nella strenua difesa di questa proprietà, anche quando provenivano dal governo inviti alla sua vendita. Nell’800 il rifiuto non fu però tenuto in alcun conto dalle autorità superiori che imposero sia ai lavenesi sia alle altre comunità la vendita dei loro boschi, ritenendo che la privatizzazione sarebbe stata più produttiva per l’economia in generale. I cittadini lavenesi allora, per non perdere per sempre queste proprietà, decisero la vendita dei boschi in enfiteusi nella speranza, alla scadenza, di poterli recuperare. I successivi cambiamenti della società hanno reso nel tempo meno importanti i boschi e del loro recupero, a parte qualche caso, non si parlò più. Oggi la situazione è sotto gli occhi di tutti e salvo qualche rara eccezione i boschi versano in uno stato di deplorevole abbandono, ridotti a roveti inagibili, preda di un assurdo degrado. Chissà che direbbero gli anziani scomparsi che hanno lavorato per anni per mantenere pulito e accessibile questo nostro patrimonio verde.

e-max.it: your social media marketing partner