VARESE - " Il "PADRE" DELLA PROTEZIONE CIVILE MODERNA SI DIMETTE "

VARESE - " Il "PADRE" DELLA PROTEZIONE CIVILE MODERNA SI DIMETTE " Da LA PREALPINA - "Zamberletti si dimette dalla presidenza della commissione Grandi rischi per protesta contro la sentenza dell'Aquila: il terremoto non è un evento prevedibile. "Mi sono dimesso, insieme agli altri membri del consiglio di presidenza della commissione Grandi Rischi, in segno di solidarietà con la comunità scientifi ca italiana, la cui indipendenza e libertà è seriamente messa a rischio da questa sentenza". Giuseppe Zamberletti, il "padre" della protezione civile in Italia, manifesta così, proprio mentre le agenzie battono la notizia del clamoroso gesto di protesta, il proprio disappunto nei confronti della sentenza del Tribunale dell’Aquila che ha condannato a sei anni di reclusione i partecipanti alla riunione del 31 marzo 2009. "Colpevoli", in pratica, di non aver previsto il disastroso terremoto che si verificò di lì a poco.

E poco importa che sulla imprevedibilità degli eventi sismici la comunità scientifica sia concorde, come attestano le reazioni indignate che, ieri, sono piovute da ogni parte del mondo. "La sentenza - contesta Zamberletti - non distingue fra il livello della valutazione scientifica della situazione, che attiene appunto ai tecnici, e quello della comunicazione e delle decisioni operative, che investono invece i ruoli politico-amministrativi. Può esserci stato un errore di comunicazione, possono essere state assunte delle decisioni inadeguate, ma la sentenza di fatto attribuisce agli scienziati che hanno partecipato a quell’incontro la "colpa" di non aver saputo prevedere ciò che unanimamente il mondo scientifico ritiene imprevedibile". Zamberletti teme che la sentenza dei giudizi aquilani, più pesante delle stesse richieste del pubblico ministero, in qualche modo introduca con la forza delle legge il concetto assolutamente "ascientifico" della prevedibilità dei terremoti, condizionando così l’attività degli esperti. E cita un episodio autobiografico: "Quando ero a capo della Protezione Civile, sulla base dei dati relativi all’attività sismica ordinai l’evacuazione di una porzione consistente della Garfagnana. Fortunatamente non ci fu nessun terremoto. In quella occasione valutammo che, trattandosi d’un territorio limitato e di un periodo di rischio che si sarebbe esaurito nell’arco di breve tempo, circa 48 ore, l’evacuazione fosse la soluzione migliore. All’Aquila la situazione era ben diversa, c’era un’attività sismica protratta che interessava una vasta area, e nessuna possibilità di sapere se, dove e quando avrebbe potuto verificarsi un evento disastroso". Al di là delle pesanti condanne inflitte, ben superiori alle richieste del pubblico ministero, che cosa potrà cambiare questa sentenza? "Moltissimo. Di fatto s’introduce con la forza della legge una "verità" che tale non è dal punto di vista scientifico, e si sanziona lo scienziato che ha operato correttamento nel suo ambito, addebitandogli responsabilità sul fronte della comunicazione e dell’assunzione di provvedimenti che investono altre competenze e responsabilità". Alla luce di questa decisione, come si comporteranno in futuro gli scienziati chiamati a valutare eventuali rischi di natura sismica o idrogeologica? "Mi auguro che la comunità scientifica italiana, universalmente ritenuta di altissimo livello, possa continuare a operare nella libertà e nell’indipendenza che devono esserle riconosciute. Se così non fosse, in un territorio come quello italiano quasi interamente interessato da rischi sismici o idrogeologici, potrebbe darsi il caso che, di fronte a segnali di emergenza anche solo ipotetici, piuttosto che correre il rischio d’essere perseguiti per non aver "predetto" ciò che era scientificamente impossibile prevedere si scelga il male minore, lanciando ordini di evacuazione al minimo indizio sospetto". Insomma, con gli scienziati messi "sotto scopa", si corre il rischio di trasformare, per timore di sanzioni, gli italiani in un popolo di perenni migranti.

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