La Storia del Presepe Sommerso Lavenese
- LA STORIA DEL PRESEPE SOMMERSO LAVENESE - LAVENO MOMBELLO - Il "Presepe Sommerso di Laveno Mombello", prese avvio storicamente nel Natale del 1975, quando un gruppo di amici, con lo scomparso Cav.Davide Sironi, che vestito da zampognaro suonava la piva, si ritrovarono alla vigilia della notte di Natale a Punta Granelli, una zona a lago posta appena fuori dal Comune di Laveno, in Castelveccana (La denominazione deriva dalla tragedia del lago, che vide nel 1930 un motoscafo Riva andare in fiamme e sparire nelle profondità con due giovani vittime a bordo i cugini Granelli, le cui salme non sono mai più state ritrovate ). Il luogo venne poi scelto da alcuni sommozzatori (in prevalenza svizzeri della Lugano sub) che frequentavano quelle rive e quelle profondità lacustri, quale palestra subacquea per il loro sport preferito. L'idea del Cristo degli Abissi, venne al veterano dei sub ticinesi, il lavenese Ovidio Garolla, di Mombello che coinvolse, oltre al Sironi i fratelli Rossi, il Brunelli, il pluri presidente della Pro Loco, il cav. Giuseppe Marchesotti, ed il sottoscritto. Non mancavano le rispettive mogli. La zona, durante le cerimonie augurali natalizie, era rischiarata dalle luci alimentate dalle batterie d'auto messe a disposizione da Antonio Rossi (più avanti arrivarono i gruppi elettrogeni). Qui a punta Granelli in un'atmosfera suggestiva e con il suono della zampogna di Sironi, che vi soffiava vistosamente dentro, rigonfiando le guance sotto la barba bianca (solo qualche edizione dopo scoprì che Sironi nascondeva un registratore, che azionava sotto il mantello da pastore) giungeva il parroco di Laveno che impartiva la benedizione alla piccola statua, circa 80 centimetri, del "Cristo degli Abissi" (simile a quella ben più grande di San Fruttuoso a Camogli) che nel Natale del 1975, venne posata per la prima volta, collocandola a qualche metro di profondità, in una grotta naturale nella roccia. Dopo la benedizione del parroco, che avveniva poco prima della messa di mezzanotte, ci si ritrovava sulla terrazza sovrastante, nei pressi della lapide che ricorda i cugini Granelli, per scambiarsi gli auguri di un Buon Natale e mangiare in compagnia una fetta di panettone accompagnato da spumante. Una cerimonia semplice questa che si è poi ripresa per diversi anni, ma che rimaneva aperta solo a pochi intimi. Per il gruppo di amici, caldeggiati dallo stesso Giuseppe Marchesotti e da Ovidio Garolla, decise di estendere la partecipazione ad altre persone. Venne di conseguenza fondata un'associazione campeggista dalla Pro Loco di Laveno e presieduta da Antonio Rossi, per realizzare un Presepe Sommerso da collocare nel golfo lavenese, ad una profondità da renderlo visibile a tutti, per questo si scelse l'area antistante la piazza Caduti del Lavoro, nel centro storico di Laveno, dove la presenza verso riva di alcuni massi permetteva di vincolare le piattaforme. Il primo Presepe Subacqueo venne inaugurato e calato nelle acque del golfo lavenese nel periodo natalizio del 1979 ed era composto di sole tre statue, quelle che ancora oggi rappresentano la Sacra Famiglia, seguì la benedizione del parroco. Fu subito successo e alle prime statue offerte da soci e Pro Loco, si unirono ben presto altre offerte dalla gente a da alcuni sponsor. Arrivarono così i Magi con un cammello, i pastori con gli agnelli sulle spalle, le massaie con i polli e i cesti, il viandante che scruta l'orizzonte, gli angeli e gli animali domestici. Da allora, anno dopo anno, la cerimonia si ripete con grande successo. Attualmente, il Presepe Sommerso lavenese è composto da 42 statue a grandezza quasi naturale, collocate su cinque piattaforme in metallo le cui dimensioni totali sono di 15 x 3,5 m. con un peso complessivo di circa 18 tonnellate. Le statue sono scolpite in pietra bianca di Vicenza, ad opera dello scultore Tancredi di Brendale, lo stesso che realizzò la statua di San Francesco, il blocco scultoreo che resta sempre visibile, nell'arco dell'anno, sulla piazza Caduti del Lavoro e che ricorda il 15° Congresso Nazionale dei Presepisti, che si svolse a Villa Frua a Laveno nel 1984. Si tratta della statua gemella di quella posta nella Piazza della Signoria a Vicenza. Di notte le statue del Presepio Sommerso, vengono illuminate da 24 potenti fari subacquei che le rendono visibili dalla terrazza prospiciente il lago. Poi al Presepe sommerso si è aggiunto un albero decorato e illuminato, che ancorato sul fondo del lago, tramite un cavo d'acciaio a circa 20 metri che viene comandando da un argano a motore, che ad intervalli fa riemergere dalle profondità del lago, suggestivamente illuminato l'alto albero natalizio. Infine vi è stata l'aggiunta di una fontana galleggiante illuminata. La prima settimana di dicembre, con l'impiego delle potenti autogrù della ditta Ossola di Gavirate, avviene la posa delle piattaforme nel lago, con la collaborazione dei sommozzatori. Le piattaforme vengono così vincolate sul fondale e circondate da rami di alloro a corona, che hanno il compito di attutire il moto ondoso creato dai traghetti che vanno e vengono, collegando Laveno a Intra, impedendo nel contempo alla buzza del lago di raggiungere il presepio. La sera della vigilia di Natale alle ore 22, sul lungolago, si danno appuntamento gruppi di subacquei e molti fedeli, per assistere alla cerimonia della posa della statua del Gesù Bambino, che viene portata con le fiaccole in processione, dalla Chiesa Parrocchiale dei SS Filippo e Giacomo, in genere dalle due ultime coppie di sposi dell'anno e da personaggi lavenesi. In piazza Caduti del Lavoro la statua di Gesù Bambino viene affidata, dopo la benedizione del parroco, alle decine di sommozzatori che con le fiaccole accese la scortano sino alla greppia posta nel presepio sommerso, dove viene deposta. Quindi i sub, con le stesse fiaccole accendono il grande falò galleggiante. Sino a qualche anno fa, era compito dello stesso veterano dei sub Ovidio Garolla, con la moglie, di portare la statua di Gesù Bambino nella greppia sommersa. La cerimonia continua con l'albero natalizio che emerge dal lago illuminato, con la stella cometa e la scritta di augurio di "Buona Natale" per tutti. Per i presenti vi è quindi lo scambio degli auguri e non manca del caldo vin brulè, distribuito nelle tradizionali brocchette in ceramica che restano a ricordo della manifestazione natalizia. E' consuetudine che i visitatori gettino una monetina in acqua come gesto propiziatorio o più semplicemente come apprezzamento all'iniziativa. I soldi che vengono raccolti servono per le spese della manifestazione. Negli anni passati, vi fu anche qualche ragazzo che si ingegnò a rubare le monetine, utilizzando delle calamite legate ad un filo, ma oggi la sorveglianza delle telecamere scoraggia simili azioni. Dalla prima associazione, "Gli amici del Presepio Sommerso" presieduta dallo scomparso Antonio Rossi, nel 2000 il presepio sommerso ha registrato il passaggio di mano fra gli “Amici del presepio Sommerso”, a quello dei “Nuovi Amici del Presepio Sommerso” con alla presidenza Camillo Roi, che ha poi nel 2012 lasciato il timone del sodalizio è oggi si passati sotto la presidenza e guida di Marco Lanteri.
L'iniziativa venne positivamente pubblicizzata in Italia ed all’Estero, anche grazie a riviste a tiratura nazionale come quella del Touring Club Italiano e “Tv Sorrisi e Canzoni”. Altre tappe importanti è da ricordare la grande pubblicità fatta dall’attore lavenese Renato Pozzetto, quando in compagnia di Cochi ne parlò in una delle seguitissime trasmissioni di “Canzonissima” su Rai Uno. Meno bella, ma che ebbe purtroppo una vasta eco, è stata poi la vicenda del trafugamento della statua del Gesù Bambino dalla ex serra di villa Frua, oggi sede del nuovo municipio e dove ancora oggi vengono custodite le statue durante l’anno. Un furto quello della statua di Gesù Bambino, avvenuto poco prima del Natale 1994, che aveva messo in seria difficoltà gli “Amici del Presepio Sommerso” nel sostituire la statua originale con quella attuale, si perché la vera statua, di Gesù Bambino, ancora oggi non è stata ritrovata. Resta il fatto che questo furto fece parecchio scalpore. Nel 2012 è stata ancora una trasmissione RAI a rilanciare la manifestazione con delle riprese in esterno e delle interviste in studio. Per alcuni anni a Punta Granelli venne mantenuta la celebrazione di una funzione religiosa sugli scogli rivieraschi. In una di quelle cerimonie, vi prese parte lo stesso priore dell'epoca, di Santa Caterina del Sasso, lo scomparso Padre Angelo Maria Caccin. Nella stessa località i sommozzatori, capitanati da Garolla, hanno eretto una cappella a memoria di tutti gli scomparsi del Verbano, molti dei quali riposano purtroppo ancora nelle profondità del nostro lago, senza aver trovato una degna sepoltura. - Claudio Perozzo -
Storia della Ceramica Lavenese
LAVENO MOMBELLO – LA GLORIOSA E INDIMENTICABILE CERAMICA INDUSTRIALE LAVENESE -
Nel 1856 si gettavano le basi dell'era ceramica lavenese, nel 1997 (dopo 141 anni ) chiudeva l'ultima delle realtà ceramica industriali lavenesi, la Cooperativa Ceramiche Industriali. Un'importante spaccato della produttività, laboriosità, tecnica, ed arte, di quel periodo, è raccolta presso il Museo Internazionale del Design Ceramico di Cerro di Laveno, nel cinquecentesco palazzo Perabò. Museo realizzato dal Comune di Laveno Mombello e aperto nel 1970, grazie ad una intuizione dello scomparso Vittorio Longobardi e per la realizzazione della Cittadina Onoraria di Laveno Mombello, l'arch. Antonia Campi. Tuttavia esiste ancora oggi sul territorio, una produzione ceramica d'uso e artistica a livello artigianale, che resta a testimonianza di una straordinaria produttività lavenese.
- Nella primavera del 1856, i signori Carnelli, Caspani e Revelli, già in parte protagonisti di esperienze industriali legate alla ceramica nel milanese, fondano a Laveno la società ceramica C.C.R., nei capannoni dismessi della ex vetreria Franzosini, che sorgeva alla base del colle San Michele lungo il golfo lavenese (stabilimento, che era succursale di quello realizzato anni prima a Intra e poi chiuso dagli austriaci, dopo che scoprirono la diffusione di alcuni manifestini mazziniani, portati a Laveno da alcuni operai provenienti dallo stablimento Franzosini di Intra). La produzione ceramica lavenese, era inizialmente orientata alla terraglia opaca. L'insediamento a Laveno, paese con 1530 abitanti all'epoca, probabilmente fu legato ai rapporti che i fondatori avevano con Carlo Tinelli, lavenese appartenente a una nobile famiglia che si era da secoli stabilita a Laveno e a Milano, precedente proprietario, in unione con il fratello Luigi, dello stabilimento milanese. A Laveno, questi pionieri della ceramica, trovarono quelle opportunità materiali e logistiche necessarie come: abbondanza d'acqua, un opificio abbandonato pronto al suo riutilizzo, il mulino dei Tinelli per la macina delle materie prime, il combustibile per i forni come la torba della palude di Mombello, alla legna dei boschi, ed infine, non meno importante, la via di trasporto costituita dal lago, dal fiume Ticino e dai suoi canali, che permettevano all'epoca di far giungere facilmente la produzione a Milano. Fatto questo che consenti loro di dare inizio a quella attività che avrebbe caratterizzato il paese rivierasco per tutto l'Ottocento e per gran parte del Novecento, facendo conoscere Laveno Mombello in Italia e all'estero.
La produzione prese avvio con 36 operai, dimostrando la volontà dei promotori di puntare fin dall'inizio su una produzione industriale, mantenendo il vecchio nucleo posto davanti alla riva del lago. Nel 1871 si decise di acquisire la vicina vecchia caserma di S. Michele, costruita dal passato governo austriaco, ove furono istallati tre forni intermittenti a fiamma rovesciata (primi in Italia). Ma fu una soluzione, questa, che non durò a lungo perché la separazione dell'attività produttiva in due diversi stabilimenti non era economica. Pertanto, alla fine del secolo, l'ex caserma fu abbandonata e si puntò piuttosto a ingrandire il vecchio nucleo. Nel 1865 la società, in seguito alla morte di Caspani, assume la denominazione di Carnelli, Revelli, Casati. La manifattura diventa così ufficialmente la Società Ceramica Italiana S.p.A. nel 1883 mentre, nel 1885, Revelli abbandona la S.C.I. per fondare la Società Ceramica Revelli in territorio di Mombello, specializzata nella produzione di terraglia semiforte .
Il reparto di San Michele viene chiuso ed incorporato allo stabilimento originario Lago nel 1898, mentre l'industria si dota di energia elettrica attraverso l'installazione di una piccola turbina al Mulino Boesio. Dal 1896 al 1916 è direttore dell'azienda Tommaso Bossi, affiancato nell'attività amministrativa e finanziaria dall'avvocato Antonio Casanova; dopo la morte di Bossi la direzione generale passa all'ingegner Luciano Scotti, sindaco e poi podestà di Laveno nel decennio dal 1924 al 1934.
Un successivo ampliamento della manifattura si registra a partire dal 1925, quando vengono costruiti i Magazzini Generali del Ponte, raccordati con le Ferrovie dello Stato di Laveno, e dei Mulini Boesio per la preparazione della pasta bianca e refrattaria; entrambi gli stabilimenti sono collegati al nucleo originale della Lago attraverso un trenino elettrico e nasce l'attuale cavalcavia di Laveno. Negli stessi anni, sulla base di un'intesa con la Porzellanfabrik Rosenthal di Selb (Baviera) viene costruito anche lo stabilimento Verbano, destinato inizialmente alla fabbricazione di isolatori in porcellana, ed in seguito (1931) avviato alla produzione di porcellana da tavola . Nel 1935 viene installato a Laveno il forno elettrico continuo a galleria per alte temperature più vasto d'Europa.
Il dopoguerra è segnato dalla competenza e dall'iniziativa delle maestranze lavenesi che, formate anche grazie alla Scuola di Avviamento Professionale per Ceramisti, diretta dal professor Ambrogio Nicolini e trasformata nel 1957 in Scuola di Avviamento Professionale Statale (1950), le cui esperienze sono richieste in tutto il mondo (Francia, Svezia, Argentina, Perù) e, allo stesso tempo, favoriscono lo sviluppo di un tessuto artigianale di imprese più piccole. Nascono le ceramiche DEAM, Della Torre, Pareschi, Dal Santo, Icral, Keravem, Bottega Costantini. Tra il 1947 e 1950 la società promuove la costruzione di una colonia marina per i figli dei dipendenti, la "Casa al mare" di Marina di Pietrasanta (LU). Lo stabilimento Ponte si dota in quegli anni di un nuovo reparto per la lavorazione di articoli in terraglia forte ed acquisisce parallelamente dalla Lago la produzione di articoli domestici. Risale al 1952 l'avvio dell'attività della consorella argentina della S.C.I., la "Porcelanas Verbano" di Rosario di Santa Fè, dove confluiscono diverse maestranze lavenesi. Le ceramiche lavenesi raggiungono i vertici della qualità non solo a motivo delle caratteristiche intrinseche di materiali e lavorazione ma anche grazie al taglio artistico della produzione sempre all'avanguardia sui tempi.
A guidare la pattuglia di fini e sensibili decoratori e modellisti è il lavoro di Antonia Campi che, per decenni, ottiene riconoscimenti dalle giurie internazionali dei maggiori premi di design. Nella seconda metà degli anni Cinquanta si assiste ad una serie di eventi significativi per la storia aziendale, in particolare lo sciopero dei dipendenti e la morte dell'ingegner Scotti nel 1956 e l'incendio dei magazzini dello stabilimento Ponte nel 1958; la carica dirigenziale ricoperta dallo Scotti viene affidata al figlio Annibale, affiancato dagli ingegneri Meregalli e Chiodi e dall'avvocato Tinelli. Nel 1959 viene chiuso il reparto piastrelle della Lago ed avviata una specifica produzione di articoli sanitari e "fantasia". Nel 1965 la SCI viene assorbita dalla Richard-Ginori che, cinque anni dopo, diviene, a sua volta, proprietà di una finanziaria. Una svolta determinante nella storia dell'azienda con la nascita della Società Ceramica Italiana Richard-Ginori S.p.A. in seguito alla fusione con il gruppo Richard-Ginori. Per molti l'inizio di una fine annunciata. Poi arriva infatti, il tramonto. Nel 1980 chiude la ceramica "Revelli" e, due anni più tardi, cessa la produzione alla ceramica "Lago", quella che sembrava a tutti la più solida. Poi la "Boesio", la "Verbano", che registra un tentativo di riscatto e passa prima dalla creazione di una società cooperativa con la partecipazione dei dipendenti (1982). Si tenta di rilanciare la "Ponte" con l'avviamento della produzione di porcellana "bone china" (1990) che rappresenta un'eccellenza unica in Europa, ma i venti della globalizzazione spengono definitivamente l'esperienza industriale lavenese al traguardo dei 150 anni di storia. Nel 1997 chiude anche l'ultimo tentativo di ceramica industriale con la Cooperativa Ceramiche Industriali Verbano. Il 7 gennaio del 2013, arriva a Laveno Mombello la notizia dei giornali nazionali che riportano: "FALLITA LA RICHARD GINORI" - Lo storico marchio della Richard Ginori, che già era stata posta in liquidazione nella primavera del 2012, è stata dichiarata fallita dal tribunale di Firenze. La decisione è stata depositata davanti ai giudici chiamati a pronunciarsi sull'ammissibilità o meno dell'azienda al “concordato preventivo”. Nessuno poteva certamente immaginare un simile epilogo. La decisione dei giudici fiorentini è arrivata alle 10.30. Protesta, rabbia e urla da parte dei tanti dipendenti, che ancora speravano, mentre i sindacalisti cercano di contattare i liquidatori per capire che succederà ora ai 314 cassaintegrati di Sesto Fiorentino. Pensare che vi era una cordata, quella composta da Lenox e Apulum, pronta a rilevare l'azienda e farla ripartire. L’azienda conosciuta in tutto il mondo, è stata un’importante presenza storica e produttiva, anche per Laveno Mombello, dove con la Pozzi, aveva rappresentato lavoro. L’azienda è fallita, travolta dai debiti. 277 anni di storia di produzione e lavoro, non saranno cancellati, ma conclude cosi amaramente un marchio di grande importanza nel settore ceramico. La notizia è stata commentata da pochi a Laveno. L'azienda che era stata fondata nel 1735 a Sesto Fiorentino, in provincia di Firenze, nel corso di più di due secoli è stata in grado di abbellire le case dei più fortunati, con momenti di vero pregio e bellezza anche ad un pasto. I suoi piatti erano stati esportati persino in America ed a bordo delle grandi navi. Rimane il fatto che un pezzo di storia della cucina italiana svanisce, proprio come polvere al vento. Quella polvere che i lavenesi hanno respirato per anni nelle industrie ceramiche, causa della silicosi di alcuni. Resta una tristezza infinita. Con la chiusura delle ceramiche lavenesi, si sono persi migliaia di posti di lavoro, un duro colpo per l'occupazione di un territorio, quello del medio Verbano, che si è trovato all'improvviso impoverito e chiamato a dover voltar pagina. Sono scomparsi posti di lavoro, ed è andata dispersa una tradizione, una professionalità tramandata di padre in figlio. Una professionalità, un'arte e una tecnologia conosciuta in mezzo mondo che certamente non ci faceva secondi a nessuno.
Alcuni passaggi sono tratti da pubblicazioni redatte da personaggi e ceramisti, come Giuseppe Musumeci, Luciano Paoli, Silvano Sandini, ed altri ancora che ringraziamo per aver scritto le pagine della nostra storia, che non è solo il nostro passato, ma la radice del nostro presente. Claudio Perozzo -
La storia di Santa Caterina del Sasso Ballaro
L’EREMO DI SANTA CATERINA DEL SASSO BALLARO - LA STORIA – L'Eremo di Santa Caterina del Sasso Ballaro, è un Monastero abbarbicato alle rocce a strapiombo sul lago, posto sulla sponda orientale del lago Maggiore. La sua nascita, secondo la tradizione, è databile nel XII secolo, quando un tale Alberto Besozzi di Arolo, mercante e usuraio del tempo, scampato ad un naufragio, durante una tempestosa traversata del lago, avrebbe fatto voto a Santa Caterina d'Alessandria, di ritirarsi per il resto della sua vita in preghiera e solitudine, in una grotta in quel tratto di costa ove approdò salvandosi. Una storia-leggenda che vedrebbe alcuni studiosi, fra cui lo scomparso e primo priore dell’Eremo Padre Angelo Maria Caccin, affermare che probabilmente questo Alberto Besozzi, forse non sarebbe neppure mai esistito, almeno per quanto narra la leggenda. La storia-leggenda, narra che il Besozzi avrebbe costruito una cappella alla Santa, ancor oggi individuabile nella chiesa. In seguito fatto Beato, il suo corpo riposa all'interno dell'edificio, in una cappella posta verso fondo del Santuario. Il complesso monastico sorse tuttavia, intorno al XIV secolo, con la costruzione delle due chiese dedicate una a San Nicolao e una seconda a Santa Maria Nova. Il complesso venne inizialmente retto, anche se per un breve periodo, dai Domenicani, ai quali succedettero dal 1314 al 1645, i frati dell'Ordine di Sant'Ambrogio ad Nemus. A partire dal 1670 si sono insediati i Carmelitani di Mantova, che avrebbero mantenuto il monastero per un secolo, fino alla soppressione (avvenuta nel 1770). Dal 1914, è considerato monumento nazionale. L’intero complesso architettonico, rischiava di “scivolare” a lago, a causa del cedimento delle rocce a cui è abbarbicato. Rocce a stratificazione verticale, dette “dolomia”. Nel 1970 l'eremo fu acquistato dalla Provincia di Varese, dalla Curia di Milano. Provincia, che ne ha poi curato i complessi e costosi restauri.
Tra gli interventi, complessa è stata la “chiodatura” delle rocce, fatta con lunghe barre d’acciaio, alcune lunghe anche 30 metri, infisse nella parete al fine di bloccarne il lento "scivolamento". Lavori che furono resi possibili "ingabbiando" per anni l'intera struttura con tralicci da cantiere. Seguirono i restauri degli edifici e poi degli affreschi. Successivamente si operò per il rifacimento della scalinata di accesso e la realizzazione di un ascensore a pozzo. Quest'ultimo rende oggi l’Eremo accessibile anche ad anziani e diversamente abili. Dal 1986 al 1996 ospitò una comunità di Domenicani, retta dal grande storico e studioso dell’Eremo e di Santa Maria delle Grazie, Padre Angelo Maria Caccin, al quale si devono alcune scoperte e il recupero di alcuni importanti affreschi. Allo stesso si debbono inoltre munifiche donazioni. Padre Caccin venne poi inviato dai padri Domenicani, alla Basilica di Venezia, ma il tutto ebbe sapore di un allontanamento forzoso, lasciando molta amarezza nella zona, per questa decisione presa tra Provincia di Varese e Domenicani. Quando padre Caccin lascio l'Eremo, in un articolo su "La Prealpina" si riportava :"Come una frustata, che scocca improvvisa e colpisce provocando male e incredulità, ma anche tanta amarezza, si è sparsa ieri in un attimo in tutto il Verbano, la notizia dell'imminente partenza del priore di Santa Caterina del Sasso Padre Angelo Maria Caccin. E beffa fra le beffe, proprio mentre sono in corso i festeggiamenti del decennale dalla riapertura dell'Eremo. Il Santuario perde cosi la propria guida storica e spirituale. Increduli, ci rivolgiamo allo stesso interessato, ma ancor prima di ottenere risposte, sono quelle valigie riposte all'interno del convento e che lo stesso sta facendo, a dare conferma del mormorio della gente. Non ha parole padre Caccin per esprimere la grande amarezza che gli si legge sul viso. " Purtroppo è cosi, debbo andarmene via, hanno vinto quelli che non mi volevano qui, che hanno altre mire. Qualcuno mi ha riferito che in pubblico è stato detto che con me, si sono persi 10 anni di introiti, 10 anni che ho vissuto qui lavorando senza alcun aiuto...è meglio che me ne vada e lasci il posto a loro. Li ringrazi a mio nome. " Ma chi ? Ed un freddo silenzio cade improvviso, poi aggiunge: " Scusi questo sfogo, lo tenga per se ". Impossibile padre, la gente deve sapere di più, come chi verrà ora al suo posto ? " Non ne ho la minima idea; del resto da tempo qui mi hanno tenuto all'oscuro di tutto, ho sentito di una nuova congregazione, forse manderanno qui dei giovani...non saprei. Io sono vecchio, ed è tanto tempo che combatto in tutte le direzioni possibili. Vede Erode e Pilato si odiavano a morte, ma quel giorno, pur di condannare Gesù si allearono... "-" La memoria corre a ritroso quando nel settembre dell'86, dopo tanto abbandono l'Eremo era tornato a pulsare ancor prima di essere riaperto al pubblico, con l'arrivo di un frate Domenicano già circondato da un alone di grande popolarità, esperto e studioso di Storia dell'Arte, padre Angelo Maria Caccin, era autore di numerose pubblicazioni e ricerche sull'Arte Sacra, sia a Milano che a Venezia. Proveniva da Santa Maria delle Grazie di Milano, la chiesa del Cenacolo Vinciano e come dall'ultimo pulpito, continuava a parlare di religione e delle bellezze artistiche alla gente, anche se questa disertasse le chiese, ma lui ne manteneva un fitto dialogo. Trasmetteva il fascino e la facile presa sulle persone, di chi conosce e ama l'arte sacra, tanto che spesso ci si è chiesti se avesse anche doti e abilità da rabdomante; come quando nel '92, aveva "fiutato" sotto i già vecchi affreschi, facendoli riemergere opere dopo 500 anni, non solo, ma era persino riuscito, fra le tante cose a trovare quasi 100 milioni per i restauri. Diceva all'ora: " Vede fra me e questo posto è stato subito amore a prima vista, sin dal 1958, quando ci venni per la prima volta " poi si soffermava ad illustrare incantandoci i nuovi affreschi che rivelavano un Cristo Pantocrator, circondato dai quattro evangelisti, ed aggiungeva: " Guardate San Matteo: non è "vicino" all'aquila, ma "è" un'aquila. Osservate come Gesù esce dalla cornice con i piedi e con la testa ! Il pittore è certamente un maestro! Se fosse uno scolaro li avrebbe fatti dentro !" E la gente è arrivata sempre più numerosa attratta da una simile guida artistica e spirituale. E forse a pensarci bene, è stato proprio questo a portarci ai giorni nostri. Una cosa è certa, l'Eremo con padre Caccin ha perso uno dei suoi più straordinari " custodi ", un personaggio che ha fatto molto, forse troppo e potrebbe anche essere questa una chiave di lettura di quanto è poi avvenuto. Talmente legato all'Eremo pronto a denunciarne i ritardi e le incomprensioni, da non avvedersi di aver forse " urtato " la suscettibilità di qualcuno. Padre Caccin è poi partito verso Milano e poi a Venezia, di lui resterà incancellabile all'Eremo 10 anni di duro lavoro, di ricerche, pubblicazioni, scoperte, ma anche tanto amore per questo "Nido d'aquila sul Verbano ", diventata meta rilevante sia turistica che religiosa a livello internazionale, con le grandi visite di capi di Stato come Kool e di altri grandi personaggi della storia attuale." - Padre Caccin è morto a Venezia il 7 ottobre del 2010. Attualmente l’Eremo è retto dai padri Oblati Benedettini. La costruzione del complesso di Santa Caterina. La facciata della chiesa si presenta oggi con un porticato rinascimentale con quattro archi, in cui sono conservati i resti di un ciclo di affreschi attribuito ad uno dei figli di Bernardino Luini; sulla sinistra invece, a strapiombo sul lago, si erge il campanile risalente al XIV secolo. Di particolare interesse anche il sacello, che costituisce il nucleo più antico del complesso, risalendo al 1195. Si presenta su un livello inferiore rispetto alle restanti parti della chiesa, riprendendo le dimensioni del sepolcro di Santa Caterina sul Sinai. Al di sopra della finestra, sulla parete esterna, sono affrescate alcune immagini della traslazione del Corpo della Santa - da parte degli angeli - al Monte Sinai; altri affreschi (risalenti al XVI secolo) raffigurano le sue nozze, poste fra Sant'Ambrogio, San Gregorio Magno e Sant'Agostino. All'interno della volta, è affrescata una raggiera con lo Spirito Santo sotto forma di colomba, circondato da angeli: qui sono conservate dal 1535 le reliquie del beato Alberto Besozzi, il quale è infine raffigurato in preghiera in un affresco del 1892, realizzato nel sottarco. La torre campanaria, alta una quindicina di metri, risale al XIV secolo, originariamente come campanile della chiesa di San Nicolao, con cui era direttamente collegato attraverso una porta, oggi murata.
A partire dal XVI secolo, con la costruzione dell'attuale edificio, l'ingresso venne collocato nel portico rinascimentale. La cella campanaria presenta un'apertura per lato, ad eccezione di quello esposto a nord, in cui è stata murata; la presenza di un sostegno centrale dell'architrave conferisce l'aspetto di bifore. Gli interni: la chiesa attuale si sviluppa su cinque precedenti ambienti, in origine separati: quattro corrispondono oggi ad altrettante cappelle, mentre il quinto non è altro che il sacello dove sono poste le spoglie del beato Alberto Besozzi. Fra le numerose opere di pregio presenti si citano una Crocifissione con cinque santi, una Crocifissione con due santi, un frammento di un affresco con la Crocifissione, la testa di san Giovanni Evangelista, ed alcuni soldati romani; sull'altare maggiore si segnalano una pala con lo Sposalizio mistico di santa Caterina d'Alessandria, un Cristo in Pietà, ed una Santa Caterina sepolta dagli angeli; le volte presentano invece un affresco ritraente un Cristo benedicente in mandorla, circondato dai simboli dei quattro evangelisti (1438). Si citano infine le pregevoli vetrate istoriate, un organo napoletano opera di Domenico Antonio Rossi (1783) ed una statua policroma della Vergine col Bambino, risalente al XVII secolo. Accessibilità e trasporti: l'Eremo era raggiungibile esclusivamente a piedi attraverso una scala che lo metteva in comunicazione da un lato con Quicchio, piccolo agglomerato di case, dotato di posteggio per le auto e di un punto di ristorazione, dall'altro con un approdo recentemente realizzato, a servizio della Navigazione Lago Maggiore. Dal 2010 è inoltre attivo un moderno ascensore, realizzato nella roccia. Limitatamente ai sabati e alle domeniche del periodo estivo, è inoltre attivo un collegamento diretto con Laveno, gestito con autobus. A poco più di 3 km dall'eremo è inoltre presente la stazione di Sangiano, a servizio della ferrovia Gallarate-Laveno; più distante, a circa 6 km, la stazione di Laveno Mombello Nord, posta a capolinea sulla ferrovia Milano-Saronno-Laveno.
Molti i grandi personaggi e grandi statisti a livello mondiale che lo hanno visitato negli ultimi 20 anni. Riferimenti cinematografici. L'Eremo di Santa Caterina del Sasso, seppur mai direttamente nominato, compare nelle riprese del film di Dino Risi - "La stanza del vescovo" - (1977); fu inoltre utilizzato dallo sceneggiato televisivo di Salvatore Nocita - "I promessi sposi" - (1989) come convento di Fra Cristoforo, pur non avendo in realtà, alcun legame reale con il romanzo manzoniano. Fatto grave è poi stato il tentativo di trafugamento delle spoglie del Beato Alberto, dal suo sacello, episodio che si svolse all'inizio degli anni settanta, quando Santa Caterina, ancora di proprietà della Curia di Milano, era già chiusa per i problemi strutturali dell'edificio. Le spoglie, fra cui il teschio, vennero ritrovati fuori dalla porta d'ingresso dell'Eremo. Recuperate, vennero poi portate e custodite provvisoriamente nella chiesa parrocchiale di Leggiuno. Una volta completati i lavori dei primi restauri, vennero con una processione ricollocate all'interno del Santuario, doce si trovano ancora oggi custodite. In relazione ad un miracolo, avvenuto agli inizi del Settecento, si fa riferimento a quando cinque grossi massi ballerini, si staccarono dal costone di roccia sovrastante, precipitando sul complesso monastico, rimanendo tuttavia conficcati nella volta della chiesa. I massi sono rimasti in bilico e sospesi per due secoli, vennero in seguito rimossi solo nel 1910. Una seconda analisi riguardo l'etimologia del termine Ballaro, vorrebbe che questa sia invece dovuto alla vicinanza con l'abitato di Ballarate. Claudio Perozzo -
La storia di "Campanile Sera"
LAVENO MOMBELLO – Nel 1961, Laveno Mombello viveva una delle stagioni turistiche più importanti a livello nazionale, senza nulla togliere alla notorietà e prestigio che gli derivava quale "paese delle ceramiche". Era l'anno della trasmissione televisiva Rai di “Campanile Sera”. Va subito detto che all’epoca la Rai (Radio Televisione Italiana) era con il suo primo canale, l’unica emittente televisiva il che polarizzava le serate italiane sul piccolo schermo in VHF, anche se, nella zona di confine si poteva iniziare a captare il segnale della Televisione della Svizzera Italiana, che muoveva allora i primi passi, con la presenza di molti artisti e tecnici italiani nella "rimessa" di "Paradiso" a Lugano. Per questo l’evento televisivo assumeva un’importanza nazionale di grande spessore. Una sorta di “Giochi Senza Frontiere”, programma che giunse sugli schermi TV qualche decennio dopo. "Campanile Sera" metteva di fronte competitivamente diverse cittadine turistiche italiane, con una serie di giochi di abilità, cultura e spettacolo. Una trasmissione fortunata, che non si è mai capito perché la RAI non l'abbia mantenuta, visti anche gli alti indici di ascolto. A "Campanile Sera", Laveno Mombello, questo piccolo paese del Lago Maggiore ebbe una notevole popolarità, pur scontrandosi televisivamente e agonisticamente con grandi centri e città, nella titanica sfida che la vide opposta a località turistiche ben più conosciute e con certamente maggiori risorse. Per questo sorprese gli stessi organizzatori e autori del programma televisivo, quando questo piccolo paese di 9.000 abitanti, restò protagonista per ben 6 settimane. Un record per questa trasmissione, che basava il suo programma su rapide apparizioni di località turistiche, quel tanto che bastava per fare pubblicità, alle varie località turistiche italiane.
Le prove e le sfide sulle piazze, erano le più disparate, dalle gare per personaggi di “maggior peso” che si riusciva a presentare, cercando anche nei paesi vicini, alle sfide di canto e musica fra dilettanti, alla costruzione di grandi scenografie per giochi popolari, ai quiz di cultura e attualità. La trasmissione collegava in diretta due località, in prevalenza una del Nord, ed una del Sud d’Italia e il tutto veniva coordinato dal Teatro della Fiera di Milano, dove avvenivano altre gare fra le compagini in lizza. A Milano, nel già celebre Teatro della Fiera della Rai, presentava Mike Buongiorno che faceva da regia e perno alla trasmissione, mentre sulle opposte piazze si trovavano Enza Sampò, ed Enzo Tortora. A Laveno toccò proprio ad Enzo Tortora, che molti ancora ricordano non solo per la grande signorilità e professionalità, ma anche per un suo ingresso a dorso di elefante, che venne prestato per l’occasione dal Circo Togni. Si iniziò la sfida lavenese proprio nell'agosto del 1961 e alla prima serata Laveno Mombello, si trovò di fronte Taormina, città turistica siciliana che usciva vincente da altre sfide. Si disse che tuttavia ne valeva la pena, anche per una sola serata, che avrebbe portato comunque Laveno Mombello alla ribalta nazionale. Invece la sfida televisiva fu quasi a senso unico a favore di Laveno Mombello, che riuscì a battere la grande Taormina, la città campione della trasmissione televisiva, con lo straordinario punteggio di 10 a 4, malgrado che tutti, autori compresi, pensavano che Laveno Mombello avrebbe fatto solo una comparsata, per arricchire la presenza di Taormina. La trasmissione settimanale vide la grande troupe della Rai restare così inaspettatamente a Laveno Mombello. Allora le dirette televisive richiedevano un grande dispendio tecnico-organizzativo e di personale, ed a Laveno Mombello erano presenti pullman regia, camion e furgoni ricolmi di attrezzature e un centinaio fra tecnici, operatori tv, scenografi, costumisti, truccatori, elettricisti, etc. Si continuò così la settimana dopo, quando Laveno sconfisse la forte Fiuggi, con un secco 7 a 2 e ci si rese conto allora che Laveno Mombello era veramente agguerrita. Con lo slancio delle prime due vittorie, fu la volta della città di Tagliacozzo, il cui compito, per gli autori, era quello di “spazzare via” Laveno Mombello, si disse infatti, che era una città ben preparata e quanto mai decisa a tenere per qualche settimana sulle avversarie.
Ma tale era la carica di Laveno Mombello, che con la collaborazione dei paesi vicini e delle industrie ceramiche lavenesi, Tagliacozzo, venne invece travolta, letteralmente spazzata via con un secco 9 a 1. Laveno Mombello cominciava così a ricevere il tifo di molte città del Nord e si disse, che gli indici di ascolto subirono una gradevole impennata la terza settimana, quando Laveno Mombello venne chiamata a misurarsi contro la città di Grado. Ma anche in questo caso di vinse per ben 8 a 3. In campo la Rai chiamò allora un'altra città come Francavilla a Mare, che però, dopo una battaglia fra le più belle a suon di note e spettacolo dovette anche questa cedere per 7 a 2 al "paese" di Laveno Mombello. A questo punto, il nostro paese lacustre cominciava a preoccupare gli autori RAI, che pensavano ad un possibile crollo di ascolti e così, spulciando fra le pieghe del regolamento e mettendo in campo avverso anche dei veri professionisti dei super campioni, Laveno Mombello dovette alla fine cedere le armi contro Salò, con una sconfitta più da copione, che per un vero valore aggiunto di Salò e con il punteggio di 9 a 2. Ma come detto più che una vittoria di Salò, fu una sconfitta inferta (si disse a tavolino) dallo stesso Mike Bongiorno e dagli autori, mentre da parte sua Enzo Tortora, tentò da vero "signore", ma invano, di difendere sino all'ultimo la cittadina lacustre. Tutto questo mentre Enza Sampò, non fece che il proprio gioco, ovvero far vincere la cittadina di Salò. I lavenesi dovettero così amaramente soccombere e vani risultarono i successivi tentativi di ricorso da parte degli stessi amministratori comunali dell’epoca, viste anche le plateali scorrettezze messe in atto. Ancora oggi molti lavenesi ricordano come il “re” dei presentatori, il popolare e scomparso Mike, (che poi trovò casa proprio sul Lago Maggiore ad Arona) alla sconfitta di Laveno Mombello, se ne usci con la frase: «Signori, finalmente.. dopo sei settimane di Laveno Mombello…abbiamo ora un nuovo campione: Salò». La frase suonò ai lavenese come: “Era ora.. di Laveno non se ne poteva proprio più”. Una beffa per i lavenesi. Ma tuttavia, beffa a parte la trasmissione aveva comunque portato Laveno Mombello sul palcoscenico nazionale seminando così una promozione turistica di grande rilievo e lasciando in eredità, una manifestazione unica nel suo genere, visto che da "Campanile Sera", ha continuato per altri 50 anni nel periodo estivo a cura della fattiva Pro Loco, il “Ferragosto Lavenese” che ha attinto a piene mani proprio da una di queste serate del programma televisivo e che ha richiamato migliaia di spettatori lungo il golfo lavenese. Da "Campanile Sera" si è infatti attinto per la sfilata di barche illuminate prima, e poi anche folcloristiche e allegoriche. Nata inizialmente come la «Lanterna d'Oro» e divenuta successivamente il «Trofeo del Golfo», su suggerimento dallo scomparso cittadino onorario Avv. Franco Bassani, così come lo straordinario spettacolo pirotecnico finale, senza dimenticare la gara del palo della cuccagna sul lago. E' forse grazie anche a questa iniziativa che Laveno Mombello si è valsa del titolo regionale di «Capitale del Turismo» della sponda varesina del Verbano. Purtroppo oggi, questa manifestazione, come quella carnevalesca è passata prima di mano al comune, che l'ha ridotta ad un semplice spettacolo pirotecnico (senza neppure il pudore di cambiarne almeno il nome) visto che alla Pro Loco sono stati da tempo tolti i necessari finanziamenti ed il diretto coinvolgimento e ridando poi alla Pro loco la stessa manifestazione, ma senza gli introiti di un tempo ( la Pro Loco infatti dopo il periodo d'oro dei finanziamenti della ceramica, poi della "Fiera Campionaria" aveva avuto la gestione del "Chiosco di Cerro", tolto questo dei "Campi da Tennis" e poi il vuoto, anche finanziario. Un vero peccato! Claudio Perozzo -
"Funivia del Lago Maggiore"
STORIA DELL'IMPIANTO DI RISALITA LAVENESE
LAVENO MOMBELLO – - Ricorre quest’anno – 2013 - il cinquantesimo dall’inaugurazione dell’impianto di risalita a fune di Laveno Mombello, che porta in circa 15 minuti, dal centro di Laveno, verso la vetta del monte Sasso del Ferro raggiungendo la località “Pizzone”, impropriamente detta “Poggio S.Elsa” e prendendo così il nome della moglie del primo costruttore, un'imprenditore di Legnano. Da questo punto, si gode di una vista mozzafiato sui laghi varesini, ed in particolare sul Lago Maggiore. L’idea di un impianto di risalita, venne al Rag. Mario Bianchi, mentre l’avvio dei lavori di costruzione, risale al 1960, a seguito del reperimento dei terreni necessari, che videro un'importante donazione da parte della famiglia Terruggia, che cedette il proprio terreno per una simbolica cifra di una lira ed ottenne, un mai rispettato privilegio di accesso perpetuo all'impianto di risalita. Altri terreni vennero messi a disposizione dal comune e da privati. Il primo impianto venne costruito dalla ditta Telemeccanica Atesina, per un gruppo di azionisti dell’epoca, impianto che poi venne revisionato dalla ditta Panzeri di Milano che ne cambiò i cestelli per il trasporto delle persone. L'impianto venne inaugurato nella primavera del 1963, il 24 di aprile .
Nel 1965 passò di mano alla società Rossi & Mattioni di Gemonio, (Paolo Rossi e Gianpaolo Mattioni). In quegli anni lo stesso Mattioni apri il piccolo comprensorio sciistico sul Sasso del Ferro, composto da una manovia e da una sciovia, dove si svolsero i “Giochi delle Gioventù” a livello provinciale nel 1974. La sciovia, costruita dalla ditta Leitner, era denominata “Giove” e partendo dal “Poggio Sant'Elsa”, quota mille metri, si raggiungeva la vetta del monte Sasso del Ferro posta a 1062 m - s.l.m.. Venne anche messo in funzione un potente “cannone delle nevi”. La piccolissima stazione sciistica restò in funzione fino ai primi anni '80, quando, a causa delle scarse nevicate e della bassa altitudine che non ne permetteva l'uso del cannone delle nevi, per via delle temperture, chiuse i battenti. I ruderi della sciovia e della manovia sono tutt'ora visibili in vetta. La stazione d’arrivo, sin dagli anni sessanta è andata popolandosi di antenne televisive, radiofoniche e di servizio, vista la sua importanza strategica e geografica di “ponte”, fra le varie situazioni di collegamento e trasmissione. La fila di bidoncini, prima colorati di giallo, ora più armonizzanti con l’ambiente, sono dipinti di verde, dopo che l’impianto, entrato in esercizio nella primavera del 1963, è stato in due fasi successive quasi completamente rimodernato.
Con i suoi 50 anni di “servizio turistico-sportivo”, la Funivia del Sasso del Ferro è nei ricordi dei lavenesi una realtà, entrata da tempo nel paesaggio dello stupendo e suggestivo golfo lavenese. Meta turistica, che registra una nutrita presenza di ospiti stranieri, è anche meta di gite scolastiche e/o oratoriane, di gruppi della terza età, oltre a comitive guidate da tour operator, che la fanno rientrare in un triplice pacchetto di itinerari turistici di grande richiamo, quali l’Eremo di Santa Caterina, le Isole Borromeo e la vista panoramica del Lago Maggiore dal Sasso del Ferro, i cui versanti scendono vertiginosamente verso il golfo e il Lago. Ma anche quando a Laveno si passeggia avanti e indietro sul lungolago, (le vasche) oltre al traffico dei traghetti e delle imbarcazioni sul lago, è bello alzare lo sguardo e vedere il cielo punteggiato dalle vele colorate dai parapendii e deltaplani, cosi come il via vai dei cestelli dell’impianto che trasportano turisti verso la vetta. Vetta sulla quale l’attore lavenese Renato Pozzetto, ambientò le riprese del film “Il Volatore di Aquiloni” o “Milano nel Mondo”. E’ dal 1975 che Laveno Mombello, grazie alla “Funivia”, è diventata la patria Europea del Volo Libero. Da questa realtà sportivo-turistica, uno dei proprietari, Gianpaolo Mattioni, coniò il detto “La.. dove osano le aquile”. Dieci anni fa, al quarantesimo traguardo della struttura, si giunse alla normale “Fine Tecnica” dell’impianto e viste le difficoltà nel finanziare un puntuale e regolare ripristino da parte della proprietà Mattioni&Rossi, si era diffusa la voce di una possibile chiusura della “Funivia”. Vi fu allora, da parte della Pro Loco di Laveno Mombello, una immediata alzata di scudi con la raccolta di migliaia di firme per la salvaguardia dell’impianto, visto che questi trasportava mediamente 50.000 turisti ogni anno, dalla primavera all’autunno, in prevalenza stranieri. Quindi un importante volano turistico ed economico per il territorio. A rispondere all’accorato appello di esercenti, commercianti e popolazione, fu per prima la stessa Provincia di Varese, a cui fece eco il Comune di Laveno Mombello (sindaco Sergio Trezzi) e la Comunità Montana della Valcuvia.
La stessa Regione Lombardia, proprio quando lo stop agli impianti, sembrava ormai imminente, resasi conto che si sarebbe persa un'attrazione turistica e un pezzetto di storia e costume locale, intervenne con un proprio finanziamento. Nel novembre del 2003 la Società Funivie del Lago Maggiore, grazie ad un contributo di 25.000 euro stanziato dalla Provincia di Varese, che oggi ne è la proprietaria dell’impianto, riuscì a vincere il bando regionale per la "Concessione di contributi ed interventi per l'innovazione tecnica, l'ammodernamento ed il miglioramento del livello di sicurezza degli impianti a fune". Si ottenne una proroga alla chiusura fino al 26 Settembre 2005, periodo utile al rifacimento dell’impianto. Ma per completare i lavori occorrevano altri fondi: mentre i 775.278 euro del bando regionale costituirono il primo finanziamento per realizzare i lavori necessari. I successivi interventi elettromeccanici sull'impianto primario, gli interventi strutturali di ripristino e adattamento dello stesso, le varie opere edili connesse e gli accertamenti tecnici, fecero lievitare il preventivo fino a 2.232.965 euro. Intervennero per questo, il Comune di Laveno Mombello e la Comunità Montana della Valcuvia con 500.000 euro, mentre la Provincia di Varese erogò altri 1.290.319 euro, parte dei quali reperiti tagliando le indennità di carica dei suoi Amministratori, su decisione dell’allora presidente Marco Reguzzoni, e questo rese finalmente possibile portare a compimento il progetto d’intervento.
I lavori, iniziati il 22 Dicembre 2004 vennero portati a termine il 25 gennaio 2006. La costruzione del nuovo impianto, venne affidato alla ditta CCM Finotello, che mantenendo le stazioni di base e monte, sostituì tutti i piloni portanti, con dei fusti poligonali, abbattendo anche il caratteristico pilone d'avanstazione in cemento armato della stazione a monte, oltre ovviamente alla sostituzione delle funi.Con l'inaugurazione del 31 marzo, presenti il presidente della Provincia Marco Reguzzoni, quasi tutta la giunta provinciale e le autorità locali, la Funivia del Lago Maggiore è stata riaperta al pubblico definitivamente.
La nuova Funivia del Lago Maggiore, oggi ben gestita da Paola Mattioni e Bruno Rossi, resta un fiore all’occhiello del turismo per la sponda lombarda del Verbano. L’impianto, oltre alle migliorate condizioni di massima sicurezza, offre con i suoi 731 metri di dislivello, un panorama unico e suggestivo sul territorio delle prealpi.
Le nuove cabine, sono leggermente più ampie delle precedenti ed ospitano due persone, si parla inoltre di 53 cabine aperte e, altra novità, ben 27 cabine chiuse, che aumentano nella stagione invernale, rendendo il viaggio sicuramente più confortevole e assicurando cosi il servizio in ogni stagione. L’impianto ha una portata oraria di 284 persone. Una volta arrivati sulla terrazza detta di “Poggio S.Elsa”, si gode di un paesaggio a 360 gradi: dalla pianura, con i paesi tra i quali corrono le automobili piccole come giocattoli, fino all'inconfondibile massiccio del Monte Rosa, perfetto e maestoso. E poi i laghi, in una scenografia mozzafiato, con le spesso innevate montagne svizzere. In giornate terse e leggermente ventose, con un cannocchiale si possono scorgere all’orizzonte, oltre a Malpensa, anche le guglie del Duomo di Milano. D’estate con il sole la balconata e i prati circostanti diventano un solarium naturale, dove assistere al lancio dei deltaplani e parapendii. La stazione d'arrivo della funivia inoltre offre tutti i comforts necessari: il bar, che prepara piatti freddi e panini, mentre il ristorante, con splendida vista lago, offre gustose specialità gastronomiche e servizio di catering per banchetti, matrimoni o feste.
Grazie anche ad un’ampia terrazza panoramica, che all’occasione può essere coperta. Per chi volesse passare una notte vicino alle stelle, è possibile pernottare presso l'Albergo Ristorante Funivia, con le sue 18 camere a tre stelle e la sera, si gode di uno spettacolo notturno incantevole ed unico dei laghi varesini. Volendo sgranchirsi le gambe senza troppa fatica, si può scendere fino all'abitato di Casere, in meno di 20 minuti lungo una mulattiera ripida solo nel primo tratto. Qui si trova “La Gigliola,” ristorante con la sua rinomata cucina rustica, e poco distante, in direzione Vararo, vale la pena di fermarsi presso l'Azienda Agricola Capra e Cavoli dove si possono acquistare ottimi formaggi di capra tra i quali si segnala la specialità Baci di Vararo, un formaggio di capra a latte crudo. Quindi si può decidere di tornare a Laveno risalendo fino alla stazione della Funivia; oppure, se si ha voglia di camminare, è possibile scendere a piedi lungo la mulattiera segnata di giallo-verde, (l’Anulare Valcuviano) attraverso boschi di latifoglie fino alla frazione di Monteggia.
Diversi sono i sentieri montani che dipartono dalla vetta con possibilità di praticare trekking di montagna e mountain bike, per quest’ultimo sport vi è la possibilità di trasporto in vetta con l’impianto di risalita sino a “Poggio S.Elsa”.
Ma per la pratica dei sentieri montani, la nostra Prociv lavenese consiglia un equipaggiamento consono e vista la presenza di zone impervie e pericolose.. la Protezione Civile di Laveno Mombello..raccomanda di non abbandonare mai la sentieristica principale.
- Claudio Perozzo -
La storia di Laveno Mombello
LAVENO MOMBELLO - LA SUA STORIA - Laveno Mombello è una località climaticamente e paesaggisticamente favorita, situata sulla sponda orientale del Lago Maggiore. Da secoli centro di smistamento dei traffici e del turismo, Laveno Mombello è servita da un’efficiente rete viaria: verso la Svizzera attraverso Luino, verso la Valcuvia, verso Varese e Milano e, mediante la strada panoramica che costeggia il lago, verso Sesto Calende ed il Piemonte. Numerosi sono inoltre i collegamenti con tutti i centri del Lago Maggiore, mediante una fitta rete di battelli e traghetti. Laveno è servita da due linee ferroviarie: le Ferrovie dello Stato (RFI) verso Milano e verso Novara cosi come verso la Svizzera e le Ferrovie Nord Esercizio (Trenord) Milano-Laveno. Adagiata ai piedi del Monte Sasso del Ferro (che si erge a picco sul lago), centro d’irradiazione di vie panoramicamente mirabili, Laveno Mombello si estende lungo la costa prolungandosi nei pittoreschi abitati di Cerro e Ceresolo, mentre Mombello si sviluppa sulle circostanti colline, ricche di verde e di respiro. Una stupenda cornice di monti, sulla sponda opposta del lago, fa da corona all’incantevole panorama lacustre: il Mottarone, il Piancavallo ... e, più in alto, le Alpi Pennine e il gruppo del Monte Rosa - Dista da Varese:Km 22 Superficie comunale: Kmq. 25,92 - Altitudine: m 193,850 S.l.m. Prefisso telefonico: 0332 - C.A.P. 21014 - Laveno (Lago Maggiore) Mombello (Lago Maggiore) e Cerro (Lago Maggiore); sono divenute un unico comune, denominato Laveno Mombello, con il Regio Decreto del 19.12.1927. Il comune è collocato in provincia di Varese, con i suoi circa 9.000 abitanti, è uno dei più importanti centri climatici turistici, culturali e storici del Lago Maggiore. Confina a nord-est con Castelveccana, a est con Cittiglio, a sud-est con Caravate, a sud con Leggiuno e Sangiano, ed a ovest col Lago Maggiore e quindi con la Regione Piemonte. È uno dei maggiori scali portuali del lago. Per quanto rigarda i porti del settore pubblico e per la navigazione da diporto, oltre al porto comunale (Via Volta) e a quello turistico, Porto Labieno (Viale Da Angeli Frua), il secondo porto comunale è a Cerro di Laveno. E' poi presente un'imbarcadero della Gestione Governativa Laghi, che collega con i suoi traghetti o motonavi per il trasporto persone, automobili, pullman e mezzi da trasporto su gomma, Laveno a Verbania-Intra. Il Comune lacustre di Laveno, Mombello e Cerro, è composto da altri agglomerati, come Ceresolo e Ponte, vi sono inoltre località panoramiche e collinari, come le Cascine (490 m.) Monteggia (394 m.) Montecristo e Brena (334 m.) Casere (768 m.). Detta da alcuni la "Capitale Turistica della sponda orientale", Laveno è stata sinonimo di "Paese della Ceramica" e si è imposta per diversi decenni, sino al 2011, quale centro di importanti iniziative di promozione turistica e culturale. Climaticamente e paesaggisticamente favorita, grazie al suo riparato e suggestivo golfo naturale è uno stupendo scrigno di bellezze paesaggistiche. Di Mombello si hanno le prime notizie attraverso le tracce di insediamenti primitivi, quali i resti di palafitte risalenti al 3.000 A.C. nella zona protetta collinare detta "Torbiera".
Gli insediamenti di Laveno e Cerro, sono di epoche più recenti; le prime notizie di Laveno risalgono all'epoca romana, si dice al proposito che il nome Laveno risalga al Generale romano Labieno, che si era opposto ai Galli sulle alture dell'agglomerato più antico Mombello, la cui origine etimologica sembra essere infatti "Mons belli", ovvero "Monte della Guerra". Dominata dapprima da Longobardi e Franchi, Laveno e Mombello fecero parte del Comitato del Seprio; in seguito vi furono le infeudazioni dei Visconti, degli Sforza, dei Borromeo e dei Besozzi. Dopo le pagine della dominazione spagnola, Laveno passò sotto gli Austriaci, il cui dominio continuò anche dopo la parentesi napoleonica. Il paese, è stato anche centro di importanza commerciale, ed oltre ad essere all'epoca un centro di pescatori e agricoltori, annoverava attorno al 1800 una propria importante borsa per le granaglie, piazza di rilievo e di riferimento per il milanese, il Canton Ticino e per i paesi rivieraschi. Testimonianza attuale, resta per certi versi il suo mercato settimanale che si tiene il martedì e che ne ha dato una seppur diversa, continuità storica. E' di quell'epoca (1856) l'insediamento in riva al golfo di una fiorente vetreria, la Franzosini, chiusa poi dagli austriaci dopo il ritrovamento al suo interno, di libelli manzoniani. Poi si registrò la nascita (negli stessi edifici della vetreria) della prima ceramica lavenese, fondata da Carnelli, Caspani e Revelli, dislocata nell'area della ex Ceramica Lago (dove oggi sta sorgendo un comparto ricettivo turistico e un capiente albergo da poco aperto al pubblico) successivamente ampliata, grazie alla sua ricercata produttività, la ceramica ha fatto registrare la nascita di ben quattro comparti industriali, con la "Lago", la "Ponte", la "Boesio", la "Verbano"; prima come "Società Ceramica Italiana", poi come "Richard Ginori" (Società quest'ultima dichiarata fallita all'inizio del 2013) ed infine, in tutti i sensi, la "Pozzi Ginori". Industria a sé stante invece restò in quegli anni, la "Revelli", fondata nel 1885. Una produzione ceramica fiorente, quella lavenese, dedicata prevalentemente al vasellame, sanitari e isolatori, ceramica d'uso, ma registrò anche un rinomato settore artistico. Ceramica che oggi è pressochè scomparsa, almeno quale produzione industriale a partire per prima dalla Revelli, alla fine degli anni 70, poi toccò alla "Lago", cosi come alla "Verbano", che registrò prima la trasformazione del 1982 in, Cooperativa Ceramica Industriale Verbano, ma che chiuse, dopo una tormentata vicenda, 1997. Stessa sorte toccò prima alla Ponte e poi alla "Boesio". La Boesio, registrò per un breve periodo, un tentativo di ripresa con l’avvio, nel 1990 della Bone China, la produzione di una pregiata porcellana. Purtroppo chiuse due anni dopo e oggi l’area ospita un nuovo quartiere residenziale. A Laveno Mombello resta tuttavia la ceramica artigianale e artistica. Diversi coloro che tuttavia, non rimpiangono quel periodo, che pur dando un certo benessere finanziario e occupazionale, raccontano di come la ceramica portò anche la silicosi. Ma tornando all'800, il 30 maggio del 1859, Laveno Mombello fu teatro di importanti pagine di storia, come le battaglie perse dall'eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi, le cui truppe dei Cacciatori delle Alpi, furono respinte dagli austriaci asserragliati strategicamente nei fortini lungo il golfo e sul colle San Michele, una prima volta via lago e successivamente via terra. Di questi scontri resta oggi a testimonianza, presso la Torre del Castello di un ossario, che fu visitato dallo stesso Garibaldi al termine della guerra, oltre al "Fortino", posto sul golfo verso Cerro (di proprietà privata) e la caserma di punta S. Michele, che ospitò per anni il blasonato Club Velico Est Verbano, fucina di grandi campioni della vela come il pluricampione del mondo Tiziano Nava, ed oggi sede della Lega Navale. Parlando di Cerro bisogna ricordare: Registrato agli atti del 1751 come un borgo di 160 abitanti, nel 1786 Cerro entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Varese, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1798 e nel 1799. Alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 236 abitanti. In età napoleonica il comune di Cerro con Ceresolo venne aggregato al vicino comune di Laveno, ma poco dopo in seguito alle proteste popolari venne distaccato da Laveno ed aggregato a Leggiuno. Il comune recuperò la propria autonomia con la restaurazione austriaca. Nel 1853 registrò 304 residenti. All'Unità d'Italia, 1861, il comune di Cerro contava 321 abitanti; due anni dopo assunse la denominazione di Cerro Lago Maggiore, per distinguersi da altri comuni omonimi. Nel 1927 il comune di Cerro Lago Maggiore coi suoi 517 residenti venne fuso con i comuni di Laveno e Mombello Lago Maggiore, formando il comune di Laveno Mombello.
A Cerro e Ceresolo, più che a Laveno, resistettero nel tempo le attività legate alla pesca, oggi quasi completamente scomparse. I due paesi sono oggi interessanti località di soggiorno turistico, le cui bellezze naturali furono apprezzate dai Conti Stampa, nella residenza di Gattirolo e da Alessandro Manzoni, che vi soggiornarono per diverso tempo. A Cerro, il Chiostro con il suo porticato in granito di Baveno, posto all'interno del Palazzo Guilizzoni (oggi Palazzo Perabò) ospita la Civica Raccolta di Terraglia (ideata da Vittorio Longobardi e realizzata dal Comune con l'apporto dell'arch. Antonia Campi), poi denominata "Museo Internazionale del Design Ceramico", è uno dei monumenti storici del lavenese, salvato grazie ai successivi interventi, negli ultimi decenni, dalle Amministrazioni Comunali che si sono succedute. Si tratta di un'importante realtà, uno spaccato di storia della ceramica lavenese, che mostra le produzioni, l'arte e il lavoro di quanti, in anni e anni di produttività e sacrificio, hanno saputo far meritare al comune l'appellativo di "Paese della ceramica". A Ceresolo è stata recentemente restaurata l'antica chiesetta del XI secolo dedicata a S. Defendente, che conserva il suo campanile romanico. Laveno vanta, quali edifici di culto, la chiesa di S. Maria in Ca' Deserta con il suo altare ligneo barocco. L'antica chiesa parrocchiale e la cappella Gentilizia dell'Immacolata. La chiesa dei SS. Filippo e Giacomo con il suo particolare campanile a punta che spicca lungo il golfo, innalzato in epoca successiva (si dice per meglio far notare l'orologio ai pescatori). A Mombello l'oratorio di S. Maria di Corte, del sec. XII-XIII, con affreschi del XVI secolo recentemente restaurato e riportato a vita nuova dai mombellesi. Alla Rocca di Mombello, l'antico oratorio di S. Michele, lazzaretto del periodo della peste del '600 (recentemente restaurato) riedificato in ringraziamento a S. Michele nel 1727, come testimonia l'iscrizione conservata all'interno della chiesetta.
All'esterno è collocata un'antica area altare forse di epoca longobarda. Vi è poi la Parrocchiale dell’Invenzione di S. Stefano Protomartire, al centro del paese in cui si può ammirare un presbiterio interamente affrescato da un pittore del '600, identificato, secondo l'ipotesi di padre Angelo Maria Caccin (il primo priore dell'Eremo di Santa Caterina del Sasso) con il pittore De Advocatis che nel 1612, affresco una cappella dello stesso Santuario di S. Caterina del Sasso Ballaro, monumento questi di notevole bellezza, esistente ad una decina di chilometri da Laveno Mombello, nel comune di Leggiuno.
Oggi Laveno è divenuta punto nodale per il passaggio obbligato del turismo internazionale, sia verso la Svizzera, che verso la sponda piemontese e viceversa. A Laveno confluiscono due reti ferroviarie: capolinea delle Ferrovie Nord Milano, e stazione di transito per le Ferrovie dello Stato (Reti Ferrovie Italia) collegate da una parte con la Gallarate-Milano e la Laveno-Novara, dall'altra con la Laveno-Luino-Bellinzona. Vi è inoltre la linea della Navigazione del Lago Maggiore, che con le motonavi traghetto, ed i battelli, che consente di raggiungere le località della sponda piemontese del Verbano, permettendo così il collegamento con tutti i paesi rivieraschi delle due sponde. Per il traffico su gomma convergono su Laveno tre importanti raccordi stradali: la provinciale n°69 Laveno-Luino e quindi per la Svizzera; la Laveno-Angera verso Sesto Calende e le autostrade Milano-Alessandria, la Voltri-Sempione e la Laveno-Varese, che si collega poi con l'autostrada per Milano. Divenuta negli anni 70/80 una sorta di "Cinecittà del Verbano", la cittadina lacustre, grazie soprattutto all'attore lavenese Renato Pozzetto, ha registrato la realizzazione di molti film dello stesso.
Con Pozzetto a Laveno Mombello sono giunti importanti artisti e registi che hanno portato nel mondo le bellezze del suo golfo e del suo lago. Ultimo lavoro tele-cinematografico di Pozzetto "Casa & Bottega". Una miniserie televisiva le cui riprese con Nino Frassica e Anna Galiena sono state ospitate a Laveno Mombello. Sempre nel mondo televisivo Laveno ospitò per oltre un decennio una sede televisiva "Telelaveno" divenuta poi "Televerbano" e prima ancora, nel 1976 grazie a dei giovani (Casagrande, Perozzo, Vanoli, Beltrami e Astolfi) le sedi radiofoniche di Radio Laveno e Radio Paesi Uniti. Laveno Mombello vanta inoltre la presenza di grandi sportivi come il pluricampione del mondo di vela e tattico per tre volte di "Coppa America" Tiziano Nava; campioni italiani di canottaggio, oppure campioni del ciclismo, del motorismo, con l'ex-crossdromo Mondiale dello S.C.A.G. Ma anche grandi personaggi dell'alpinismo come Roncaglioni. Grandi artisti della ceramica da Biancini ad Andloviz, da Costantini a Reggiori, alla cittadina onoraria Antonia Campi. Adagiata ai piedi del Monte Sasso del Ferro, Laveno gode degli impianti di risalita della Funivia del Lago Maggiore, sulla cui vetta, a poggio S. EIsa, è dislocato anche un ristorante panoramico situato ad oltre mille metri, con 18 camere panoramiche. Da questa altura si ammirano suggestivi, ed unici panorami, coni verdi vallate, i laghi varesini e novaresi, sullo sfondo di montagne come il Monte Rosa, il Mottarone, lo Zeda, il Limidario, il Campo dei Fiori ecc. . Dal Sasso del Ferro, divenuto dagli anni 70, la "Patria del Volo Libero", si lanciano ogni anno centinaia di deltaplanisti e appassionati del parapendio, che offrono nel contempo richiamo turistico e di spettacolo, soprattutto nei fine settimana, con risvolti agonistici di prestigio a livello mondiale, come la presenza in zona di un'attività produttiva, legata alla fabbricazione di deltaplani, come la blasonata "Icaro 2000", più volte Campione del Mondo. Questo grazie a dei pionieri, come i fratelli Lioi, che per primi solcarono i cieli lavenesi con i deltaplani nel 1975. Ma dal monte, guardando in basso, si riscoprono le bellezze di una Mombello adagiata in uno scrigno di smeraldo, sulla collina circondata da verdi boschi e prati; la stupenda insenatura della frazione Cerro e la sua spiaggia. Cerro, patria del grande futurista Russolo e sede del prestigioso Museo delle Terraglie, frazione lavenese detta la balneare, per la sua nota spiaggia; poi, proprio più sotto fra le colline che declinano sino a tuffarsi nel lago, Laveno e il suo stupendo golfo che tutti ci invidiano. Un lago, il Maggiore, graffiato dalle candide vele e dal cadenzato via vai dei traghetti della NLM, che consentono un continuo collegamento con la sponda piemontese del Verbano. Per tutto questo sono in molti a considerare il centro lacustre come la "Capitale Turistica del Verbano Orientale". Certo, in questo senso vi è ancora molto da fare o riguadagnare ! - Claudio Perozzo -